Rossana Cintoli
Perché e come ho iniziato a fotografare:
fotografo da sempre, da quando è diventata mia la Kodak Retina III di mio padre, era un passatempo a cui dedicare solo qualche ritaglio di tempo per mantenere i ricordi. Da qualche anno è diventata una passione che si associa ad un'altra passione, quella del viaggio e della scoperta di luoghi e angoli di mondo lontani dal dalle rotte tradizionali. Da questo nascono le mie foto. Dalla voglia di raccontare questi luoghi
Riconoscimenti ottenuti nel campo della fotografia:
Ho vinto diversi concorsi fotografici nazionali e alcune mie fotografie sono state selezionate per la pubblicazione di sui siti web di National Geographic Italia e Spagna Miei lavori sono stati esposti nell’ambito di festival di fotografia (Valentano Fotografia, Mostre diffuse di Fotografia di Magliano in Sabina, Narnimmaginaria).
Ho esposto i miei lavori in mostre collettive e personali.
Alcuni miei reportage sono stati pubblicati su riviste on line dedicate ai viaggi e al turismo
Titolo del lavoro presentato:
L’Età del Bronzo
Descrizione del lavoro presentato:
Il Bangladesh è un paese in rapida espansione economica con una crescente domanda interna e un mercato internazionale attratto da produzioni a basso costo. La cantieristica navale bengalese non sfugge a questa logica e sta conoscendo una grande boom di richieste nella costruzione e riparazione di imbarcazioni.
Se prima il Bangladesh era noto solo per sua attività di demolizione, ora cerca di ritagliarsi un ruolo anche nel settore della riparazione e produzione di nuovi battelli
I giganti Cina, Corea e Giappone, da soli assorbono oltre il 90% della capacità produttiva mondiale ma la specializzazione su imbarcazioni commerciali di piccola e di media dimensione ha consentito di rispondere alla forte richiesta interna che necessariamente privilegia le via navale nella fitta rete fluviale per rispondere alla crescente volume di movimentazione sia di merci che di passeggeri come risposta ad una inadeguata infrastruttura stradale e ferroviaria.
Il Bangladesh attualmente rappresenta circa 1% della produzione nautica mondiale con una crescita che, negli ultimi anni, gli ha aperto anche la possibilità di agire sui mercati internazionali. Le navi prodotte, vengono esportate ora in 12 paesi (India, Pakistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Norvegia, Svezia, Danimarca, Finlandia, Italia, Germania e alcuni paesi africani) e il paese vuole raccogliere la sfida e ritagliarsi un ruolo in un settore in cui la crescita attesa, a livello mondiale, si prospetta importante, soprattutto se si pensa che circa il 50% del parco navale mondiale ha più di 20 anni e necessiterà, nei prossimi anni, di un rapido ricambio.
Una sfida difficile per chi non dispone di infrastrutture, di tecnologie avanzate e di materie prime.
L’intero Bangladesh conta circa 300 cantieri navali, la maggior parte dei quali concentrato nell’area di Dhaka. Luoghi questi non brillano certo per le avanzate tecnologie e lamentano il tasso produttivo più basso al mondo; eppure gli operatori del settore mostrano ottimismo convinti che quello che li aspetta sarà certamente un “periodo d’oro”
Basta attraversare il fiume Buriganga verso Keraniganj, vicino al cuore della vecchia Dacca, per inoltrarsi tra decine di cantieri navali accanto ad un dedalo di casupole e botteghe legate alla cantieristica, per vedere sotto la luce del sole o sotto la pioggia incessante un metallo molto diverso.
Nei cantieri, spesso privi di ogni qualsivoglia autorizzazione, sono impiegati circa 20.000 i lavoratori nella demolizione e ricostruzione delle navi, lavoratori di ogni età, anche bambini, che portano i segni dei frequenti incidenti.
Come sempre è questione di punti di vista; se da una parte c’è chi dice: “ho un solo set di dispositivi di protezione che viene condiviso nei diversi turni” e “ gli operai non hanno familiarità con l’utilizzo delle protezioni e sono riluttanti a farlo”. Dall’altra si ribatte “Gli attrezzi che abbiamo sono fatti di plastica e sono inutili. Questo è il motivo per cui molti di noi sono riluttanti a usarli” e anche “… Quel che è peggio è che nessuno si assumerà la responsabilità di un lavoratore infortunato ".
Oggi la leva su cui si agisce è quella del più basso costo del lavoro rispetto a tutti i competitor internazionali. Più basso di 30 volte rispetto ai nei paesi europei e almeno di 3-4 volte rispetto ai paesi del sud est asiatico.
Salari minimi, condizioni di vita misere, nessuna sicurezza. Non c’è nulla di più facile che incontrare qualche accidente per 300 taka al giorno, con mani e piedi nudi, tra la ruggine e il fango si lavora dove l’era moderna non è ancora arrivata e dove qualcuno vede oro in quella che per altri è ancora l’età del bronzo.
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